L'ASSESSORE PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE Visto lo statuto della regione; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1975, n. 805; Visto il testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'amministrazione della regione siciliana, approvato con decreto del presidente della regione 28 febbraio 1979, n. 70; Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80; Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116; Vista la legge 29 giugno 1939, n. 1497; Visto il regolamento approvato con regio decreto n. 1357/1940; Visto l'art. 5 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15; Esaminata la proposta avanzata dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Agrigento, che, con note prot. n. 2255 del 29 marzo 1995 e prot. n. 4385 del 15 giugno 1995, ha chiesto che vengano adottate le misure di salvaguardia previste dal menzionato art. 5 della legge regionale n. 15/1991, per tutto il territorio dell'isola di Lampedusa, ad esclusione dell'area formata dal centro abitato, dall'aeroporto, dal depuratore e dal cimitero, area meglio evidenziata nella planimetria allegata sub A al presente decreto e delimitata come segue: Isola di Lampedusa - Area esclusa dal vincolo L'area esclusa dalla proposta di vincolo e' descritta dalla linea che procede dal mare Mediterraneo verso nord, attraversando la strada comunale Guiccia e procedendo lungo i margini della part. 75 del foglio 15, esclusa dal vincolo. Segue il limite nord e quello ovest di detta particella, segnato dal percorso della strada comunale Pozzo Monaco, sino ad incontrare nuovamente la strada comunale Guiccia all'intersezione con il foglio 12. La delimitazione prosegue in direzione ovest lungo il ciglio di quella strada, la attraversa all'altezza della part. 18, per procedere lungo il confine della part. 76 e della part. 113, escluse dal vincolo, e lungo il margine della strada comunale Terranova, sino al bivio con la strada comunale Tacceri, il cui percorso segue piegando verso sud e delimitando la part. 67, esclusa dal vincolo. All'altezza della part. 103 del foglio di mappa 13, la linea di delimitazione attraversa la suddetta strada e prosegue nel foglio 13 in direzione sud-ovest. Delimita le partt. 103 e 106, non comprese nel vincolo e, attraversata la strada comunale Grecale alla congiunzione con il foglio 16, ne segue per breve tratto il percorso verso nord. La linea circoscrive la part. 42 del foglio 16 e, quindi, procedendo in direzione sud lungo i confini delle partt. 60, 69, 70, 75, 74, 77 e 93, tutte escluse dal vincolo, giunge, nel foglio 20, all'incrocio tra la strada comunale Cala Pisane e la strada comunale e la vecchia strada comunale Cala Francese. Percorre il ciglio settentrionale di quest'ultima strada e, procedendo in direzione sud ovest, incontra e circoscrive la recizione dell'area aeroportuale, esclusa dal vincolo nella consistenza di cui alla suddetta recinzione, nello stato di fatto in cui essa si trova alla data del presente provvedimento. E, pertanto, la delimitazione dell'area esclusa dal vincolo abbandona il percorso della vecchia strada Cala Francese, attraversa le partt. 49 e 55, delimita l'intera part. 50 e in parte l'area delle partt. 62 e 115. Seguendo la recinzione dell'aeroporto, la delimitazione e' costituita a sud da una linea che procede da est verso ovest attraversando le partt. 115, 196, 195, 108, 106, 103, 101, 102, 99 e la strada comunale Cavallo Bianco sino al margine del foglio 21. La linea di delimitazione prosegue con lo stesso andamento e la stessa direzione lungo la recinzione dell'area aeroportuale, attraversando le partt. 58, 57, 55, 53, 88 e 49. Incontrata la nuova strada comunale Cala Francese, ne segue il percorso in direzione nord sino alla banchina dell'area portuale e al margine del foglio 18. Tutte la particelle riportate in detto foglio 18 sono escluse dal vincolo. Il tutto e' anche evidenziato nella riproduzione cartografica d'insieme allegata sub A e nelle cartografie che si allegano al presente provvedimento sub B, C, D, E, F, G e H. Sono escluse dal vincolo, nella consistenza di cui esse si trovano alla data del presente provvedimento, anche l'area del cimitero e quella di pertinenza del depuratore e del suo ampliamento, riportate rispettivamente nell'allegato H e nell'allegato G. L'area cimiteriale esclusa dal vincolo comprende, oltre a quella riguardante strettamente il perimetro dell'attuale cimitero, anche una fascia perimetrale di territorio, ricadente all'interno dell'area di rispetto cimiteriale, dove l'amministrazione locale potra' intervenire anche con eventuali opere di ampliamento del cimitero. L'area da escludere dal vincolo ricade totalmente nel foglio di mappa 20. Il limite inizia nel punto di incontro tra la strada Cala Pisana ed il vertice est della part. 4 e prosegue verso ovest escludendo per intero le partt. 4, 126, 127, 1, 79 e 2, continua ancora in direzione sud escludendo la part. 3. Dal vertice sud della part. 3 prosegue, tagliando la part. 18 con una dividenda che congiunge tale vertice con il vertice nord-est della particella 22 e da qui prosegue verso est escludendo per intero le particelle 83 e 15, e verso nord-est escludendo le particelle 14, 13, 12, 11, 10 e 5, fino a ricongiungersi con il vertice iniziale. L'area di ampliamento del depuratore confina con l'impianto esistente, in localita' Cala Maluk, gia' recintato con muro perimetrale e coincide con quella riportata sugli elaborati di progetto approvato in linea tecnica dal C.T.A.R. con nota prot. 18061 del 5 dicembre 1990. Il depuratore ed il suo ampliamento ricadono interamente nella particella 88 del foglio di mappa 19. Rilevato che l'isola di Lampedusa e' caratterizzata da rilevanti connotazioni ambientali e paesistiche e dalla presenza di emergenze faunistiche, botaniche, paleontologiche, geologiche, geomorfologiche, archeologiche ed architettoniche; Considerato in particolare che l'isola di Lampedusa, compresa nell'arcipelago delle Pelagie, presenta una molteplicita' di emergenze naturalistiche, quali le numerose specie botaniche e zoologiche ivi esistenti, tutte determinate dalla conformazione geologica e dalla morfologia della costa, che, in uno al clima locale, creano a Lampedusa un aspetto paesaggistico non dissimile a talune zone dell'Africa settentrionale o del Maghreb. Oltre alle peculiarita' della aree emerse, assume un notevole interesse l'ambiente marino, in relazione ai fondali e agli habitat costieri che caratterizzano l'isola e che sono annoverati tra i piu' belli del Mediterraneo per la loro notevole varieta' sotto il profilo morfologico e per le innumerevoli specie che ne compongono la fauna e la flora bentonica, a salvaguardia delle quali e' stata istituita, nella parte sud-occidentale dell'isola, la riserva naturale di Lampedusa. L'isola e' situata sulla piattaforma continentale africana, della quale costituisce la propaggine avanzata: essa si percepisce dal mare come una superficie piatta, inclinata ed uniforme, avente quale unico rilievo il monte Albero Sole (m 133 s.l.m.). Geologicamente, Lampedusa e' formata da un'estesa placca calcarea, fortemente incisa, estremamente friabile negli strati formati da pietra arenaria ma molto piu' compatta nelle zone di roccia silicea. Essa rappresenta un lembo di zolla emersa dalla piattaforma carbonatica che costituisce parte dei fondali del Canale di Sicilia. La successione litostratigrafica dell'isola comprende rocce prevalentemente carbonatiche, rigide, stratificate, localmente ricoperte da depositi clastici sciolti di varia natura ed eta'. Le condizioni morfologiche generali debbono considerarsi stabili e l'assetto stratigrafico-strutturale generale della serie affiorante presenta una generale immersione verso il settore meridionale, con blande pieghe locali che comunque non marcano in modo particolare l'aspetto tabulare dell'intero territorio. Dal basso verso l'alto la successione litostratigrafica affiorante comprende calcari magnesiferi, facies alternate calcareo-marnose, depositi di origine detritica. I calcari comprendono i depositi di rocce carbonatiche costituite da una successione di calcarei tufacei di colore biancastro ben stratificato, ricchi di impronte di gusci di molluschi e stratigraficamente attribuibili al miocene medio (elveziano). Lungo il perimetro dell'isola, nelle parti della falesia costiera, queste rocce orlano la parte basale delle superfici esposte. In affioramento, i terreni di questa formazione si trovano disposti in strati e banchi sovrapposti, dotati nel complesso di giacitura sub-orizzontale, conforme all'incirca al profilo del terreno nei tratti in lieve pendenza. I suddetti calcari risultano complessivamente dotati di buone caratteristiche meccaniche: lo sviluppo dei giunti di stratificazione, che interrompono la continuita' dell'ammasso roccioso, conferiscono alla formazione una permeabilita' in grande per fessurazione. Verso l'alto, al calcari magnesiferi subentra una successione di strati calcarei e calcareo-marnosi di colore biancastro, alternati a sottili livelli di marne grigie. I livelli marnosi sono interposti a banchi calcarei con spessori variabili da 1 a 2 metri, con piani di discontinuita' di vario tipo, pur con la prevalenza delle superfici di strato. La presenza di impronte di molluschi, localizzati in alcuni livelli caratteristici, consente inoltre di attribuire tale formazione ad un periodo compreso tra il tortoniano e il miocene superiore. Anche questo tipo di terreni assume un aspetto massivo, con giacitura sub orizzontale conforme al pendio. I depositi di origine detritica traggono la loro origine soprattutto dai processi di disgregazione chimico-fisica delle rocce carbonatiche che formano il basamento originario dell'isola. La loro messa a posto dipende principalmente dall'azione di trasporto operata dalle acque di ruscellamento e dilavamento superficiale, come dimostra il fatto che i terreni della suddetta copertura detritica si rinvengono nelle superfici piu' depresse. Dal punto di vista litologico, detti terreni sono costituiti da sedimenti sciolti, variamente addensati, a prevalente composizione sabbiosa: essi sono associati a frammenti lapidei di varia pezzatura e scarsamente elaborati. Dai summenzionati aspetti geologici dell'isola di Lampedusa deriva che, morfologicamente, tutta la costa settentrionale e parte di quella occidentale si presentano come un continuum di rocce stratificate, ad andamento rettilineo, che scendono al mare con scarpate ripide, se non a strapiombo. L'intenso idrodinamismo che interessa la costa nord, rendendola impraticabile come approdo, e' la causa degli intensi fenomeni erosivi che hanno determinato la costituzione di affascinanti falesie, spesso a sbalzo, costellate da cunicoli e grotte anche di notevoli dimensioni. Il restante perimetro costiero presenta in genere pendii piu' dolci: il paesaggio risulta piu' articolato e da' luogo a scorci suggestivi, caratterizzati da un susseguirsi di baie e cale, di dimensioni piu' o meno ampie, nelle quali sono presenti anche delle piccole spiagge sabbiose. Considerato che l'isola, a causa della sua particolare conformazione geologica e geomorfologica, della sua posizione nel circuito delle correnti atmosferiche e del massiccio disboscamento del secolo scorso, presenta condizioni non favorevoli alla formazione e al mantenimento di consistenti spessori di terreno fertile. Si tratta di terre rosse, provenienti dal disfacimento dei calcari affioranti in superficie e/o dall'accumulo di sedimenti sabbiosi depositati in corrispondenza di aree a morfologia depressa, protette dall'azione eolica. Il terreno agrario e' presente laddove l'attivita' dell'uomo si e' rivolta alla sua conservazione, come nei dintorni dell'abitato, in alcune incisioni che hanno favorito il secolare accumulo di suolo fertile, e in poche altre aree, quali quelle protette dai muri a secco di delimitazione delle chiuse. Ma il suolo agrario manca del tutto nella gran parte dell'isola e, certamente, a nord e ad ovest. La rarita' e l'importanza dei residui livelli di terreno agrario presenti pone il problema della loro protezione dagli sconsiderati prelievi cui essi sono sottoposti: infatti il trasporto di tali sedimenti in altre aree dell'isola, diverse sotto il profilo plano-altimetrico da quelle di origine, comporta sicuramente il progressivo depauperamento di tale risorsa. Anche le sabbie del litorale hanno connotazioni di rarita'. Esse si trovano disposte all'interno di piccole insenature, in posizione di copertura del preesistente substrato: tra queste, quella prospiciente l'isola dei Conigli e quella della Guitgia. Si tratta di sedimenti sciolti, costituiti da sabbia fine di composizione calcarea, perlopiu' di modesto spessore, che ricoprono il substrato formato dalle alternanze calcareo-marnose e tufacee. Rilevato che il patrimonio vegetale dell'isola e' qui del tutto insussistente o limitato a pochi cespugli riferibili alla gariga ed alla steppa: una indiscriminata aggressione e' stata in tal senso portata avanti, sin dall'epoca della colonizzazione borbonica (1843), ed ha comportato l'incontrollata e totale distruzione della copertura boschiva. Alle originali ed importantissime biocenosi caratterizzate da macchia di carrubi, lecci e corbezzoli, furono sostituite colture a cereali, viti, legumi ed alberi da frutto. Come conseguenza, rimane oggi come meritevole di segnalazione la presenza di stazioni di Centaurea acaulis e Stapelia europea, mentre, tra le principali specie che caratterizzano la flora vascolare dell'isola sono da ricordare la svaeda pelagica, il finocchio di boccone, l'isoppo, l'erba di S. Giovanni, il logliarello di Sardegna, il fior di Tiga e l'allium lopadusanum. Da qualche anno, con confortanti risultati, l'Azienda delle foreste demaniali della regione siciliana ha iniziato l'inserimento di specie arboree. Anche le specie faunistiche, strettamente dipendenti dall'incidenza della copertura vegetale, hanno avuto, in seguito ai drastici mutamenti ambientali del secolo scorso, una sensibile contrazione, che non ha risparmiato di registrare anche alcune complete estinzioni. L'aspetto faunistico dell'isola continua tuttavia a rappresentare una emergenza naturalistica di fondamentale importanza. Fra le peculiarita' faunistiche di Lampedusa si rileva la presenza dello psammodromus algirus dell'isolotto dei conigli e del chalcides ocellatus zavattarii. In campo entomologico vanno ricordati alcuni tenebrionidi di recente differenziamento, quali pachyila dejani doderoi, tentyria grossa sommieri, alphesida tirelli moltonii, opatrum validum rottenbergi, buprestide julodis onopordi lampedusanus, curculionide othiorrihynnchus lopadusae e numerose specie che occupano nelle Pelagie l'unica stazione extra-africana. Dal punto di vista ornitologico si segnala la presenza di alcune specie di grande importanza, soprattutto di quelle stanziali, che, nonostante il degrado ambientale ne abbia allontanato moltissime, comprendono il gabbiano reale, la berta maggiore e minore, il falco regina e il marangone dal ciuffo. Queste specie hanno individuato un rifugio sicuro nelle innumerevoli nicchie ecologiche presenti soprattutto nelle pareti delle falesie costiere del settore settentrionale dell'isola. Tra i mammiferi sono segnalati il coniglio, il ratto ed il topolino domestico. L'aspetto faunistico che piu' caratterizza l'isola e' la presenza della tartaruga marina Caretta, che nel periodo estivo depone le uova sulla spiaggia dell'isola dei Conigli. La salvaguardia di questa specie ha comportato nel 1984 l'istituzione della riserva naturale speciale su un'area di 275 Ha, che comprende la spiaggia antistante l'isolotto dei conigli, l'isolotto, il vallone Forbice e parte della scogliera degradante verso il mare. L'area della riserva speciale e' adesso compresa nella piu' vasta riserva naturale orientata, istituita con D.A. n. 970/91 del 10 giugno 1991. L'ambiente marino dell'arcipelago delle Pelagie presenta moltissime specie, che gli conferiscono una significativa rilevanza, sia sotto il profilo estetico che scientifico. Le specie ittiche presenti, pur con il depauperamento dovuto alla massiccia attivita' di pesca svolta in questa area, sono estremamente differenziate, in conseguenza dell'azione di trasporto svolta dalle correnti di origine atlantica, che hanno arricchito le biocenosi bentoniche delle isole. Lampedusa presenta inoltre, nella parte meridionale, che e' piu' riparata dalle correnti atlantiche, dei caratteri marini ricchi di riferimenti tropicali, con popolamenti tipicamente sciafili, idonei all'elevato idrodinamismo presente. Tra questi si segnala il petroglosso plocamietum, al quale si associa il lithophyllum decussatum. L'ambiente marino delle cale e delle insenature risulta ancora integro, con l'eccezione dell'area portuale, dove i rifiuti provenienti dagli scarichi civili del paese e quelli dei natanti determinano un fenomeno di eutrofizzazione di una certa consistenza. Considerato che, dal punto di vista archeologico, l'importanza di Lampedusa in epoca antica e' documentata dalle indagini ivi condotte sin dal 1985. La ricerca archeologica si e' concretizzata in sistematiche ricognizioni del territorio e nell'attivita' di scavo in alcune aree libere da costruzioni nell'ambito del centro abitato. Le conclusioni cui e' stato possibile arrivare confermano che l'isola fu abitata sin dall'epoca preistorica, come documentato dal deposito neolitico di Cala Pisana, area oggi fortemente degradata. Sempre a Cala Pisana e' stato scoperto un interessantissimo deposito paleontologico, visibile sul taglio di una parete di roccia lungo la strada che conduce ad un piccolo approdo pressoche' inutilizzato. Il deposito, unitamente ad altri rintracciati nel corso della ricerca, ha condotto alla conclusione che Lampedusa, durante gli ultimi picchi glaciali (Riss o Wurm), era sicuramente un rilievo di una vasta zona emersa del continente africano: teoria questa resa inconfutabile dalla scoperta di ossa di roditori della famiglia dei gerbellidae e, in particolare, della specie meriones, confrontabile con le specie ancora viventi di questa famiglia, tutte nord-africane. L'importanza di Lampedusa durante il periodo preistorico e' confermata da altri recuperi fortuiti effettuati, a seguito di lavori edilizi, sul promontorio di Capo Grecale e lungo la via Terranova, nonche' dall'interessante rinvenimento di un ricco deposito nell'ambito del centro urbano. In epoca storica, l'isola fu abitata dall'eta' tardo ellenistica al periodo tardo romano, come dimostrato dagli scavi condotti nel centro abitato, che hanno messo in luce consistenti resti di un antico abitato, di un impianto per la lavorazione del pesce e, forse, per la produzione del garum, e da un'interessantissima necropoli ipogeica. Rivestono un'estrema importanza nel quadro delle conoscenze archeologiche di Lampedusa le caratteristiche costruzioni, presenti in tutta l'isola, che risalgono ad epoca antica, come traspare dalla loro trasposizione nella carta redatta dal capitano Bernardo Sanvisente che, nel 1843, diede inizio al popolamento delle Pelagie voluto da Ferdinando IV. Queste costruzioni hanno una singolare struttura sub circolare o ellissoidale, sono costituite da un muro di grosse pietre, di solito doppio parametro, privo di aperture, e sono generalmente riunite in complessi piu' o meno estesi. Esse si trovano su tutto il territorio, a Capo Grecale, a Cala Pisana, a Imbriacole, a Poggio Monaco, a San Fratello, a Monte Parrino, a Punta Cappellone, a Cimitero Vecchio e sul promontorio di Cala Madonna, e la loro presenza costituisce un tratto assai caratteristico del paesaggio di Lampedusa. L'archeologo inglese Th. Ashby si soffermo' sulla singolarita' di questi edifici, dei quali, in un resoconto di un suo soggiorno a Lampedusa nel 1912, fornisce una accurata descrizione. Egli riteneva che queste costruzioni fossero resti di capanne preistoriche e, in alcuni casi, di strutture funerarie coeve. Le ricerche piu' recenti inducono invece a ritenere, sulla base della tipologia, dell'ubicazione e della frequenza degli edifici, nonche' in considerazione dell'assenza di manufatti litici e ceramici, che tali costruzioni erano un complesso e raro sistema di sfruttamento agricolo del territorio, di epoca tardo-romana e bizantina. La mutata situazione ambientale e il forte degrado ha oggi compromesso l'originaria connessione di questi interessanti edifici, che rischiano la distruzione. Altre testimonianze archeologiche sono presenti tra la fitta vegetazione a gariga dell'isolotto dei Conigli, dove affiorano resti di muri in pietra e si rinvengono frammenti ceramici di superficie di pertinenza dell'eta' tardo romana. Nei pressi del Cimitero Vecchio si segnala un edificio in pietra, anch'esso di epoca tardo romana e bizantina. Di eta' tardo ellenistica e' invece il tratto di muro antico che e' possibile riconoscere lungo la strada per l'isola dei Conigli. Le indagini sistematiche effettuate nell'area del centro abitato hanno confermato che in questo sito, anche nell'antichita', dovette svilupparsi un rilevante insediamento umano: il sito, infatti, occupa il promontorio che si affaccia sulla rada del porto, che, nell'antichita', costituiva l'unico approdo possibile. Tra i rinvenimenti i resti di un complesso artigianale per la salagione del pesce e, con ogni probabilita', per la produzione del garum. Il quadro delle conoscenze acquisite nel corso degli ultimi dieci anni conferma l'importanza dell'isola nell'antichita', che discende dalla felice posizione nel cuore del Canale di Sicilia, in virtu' della quale Lampedusa certamente dovette assumere la funzione di un ponte tra il vicino continente africano e la Sicilia e uno snodo fondamentale delle rotte commerciali e militari. In tal senso, essa dovette certamente rivestire un ruolo particolarmente importante nel travagliato periodo delle guerre puniche, come pure, in epoca ben piu' tarda, nel quadro degli avvenimenti storici legati alla conquista araba della Sicilia: circostanza questa documentata dalle fonti letterarie. Considerato che lo sviluppo turistico degli ultimi anni e l'incremento edilizio ad esso correlato, che si e' estrinsecato nella costruzione di seconde case, alberghi e villaggi turistici, non ha ancora compromesso la suggestione che offre il territorio extraurbano dell'isola di Lampedusa. Ovunque sono infatti ancora visibili i segni di un passato agricolo ormai scomparso, anche se abitazioni rurali in pietra, muri di confine a secco e siepi ornate da fichidindia appaiono come reperti di un museo all'aperto. Le tipiche abitazioni rurali, i "dammusi" costituiscono le principali forme dell'attivita' costruttiva storica nel territorio extraurbano di Lampedusa; essi si accompagnano ai muretti d'ambito, altrettanto caratteristici, costruiti a secco, aventi la funzione di delimitare la proprieta' agraria e di proteggere le chiuse coltivabili dall'azione di asporto del terreno vegetale svolta dai venti, non altrimenti contrastati, stante l'assenza di rilievi significativi nell'orografia dell'isola. La presenza di queste sistemazioni agrarie, connesse alle particolari condizioni climatiche ed oro-morfologiche dell'isola, e' testimoniata sin dalla seconda meta' del XVIII sec. da una planimetria redatta da Demetrio Melodia, che consente di ubicare tali sistemi di coltivazione nella parte orientale, centrale e centromeridionale di Lampedusa. La costruzione di queste chiuse rispondeva in primo luogo all'esigenza di delimitare e definire le aree coltivabili, sottratte alla boscaglia, allora assai fitta, e al restante terreno dell'isola, assai arido perche' soggetto alla continua erosione dei venti. La costruzione di questi muretti a secco era inoltre dovuta alla colonizzazione pianificata di eta' borbonica, gestita da Bernardo Sanvisente a partire dal 1843. La colonizzazione ebbe carattere essenzialmente agricolo e comporto' l'ampliamento delle aree coltivabili, mediante le tecniche gia' sperimentate in passato e una diffusa stanzialita' sul territorio, incentrata sui dammusi, i quali, in alcuni casi, assunsero caratteri e funzioni piu' ampie della semplice residenza. Vi e' ancora testimonianza di piccoli complessi utilizzati come strutture produttive, assimilabili ai "bagli" o alle "masserie" della Sicilia, e dotati di aia, trappeto, ricovero animali, e di altri ambienti funzionali alla conduzione dei fondi e alla pastorizia. Quella massiccia colonizzazione ha tuttavia comportato la totale distruzione della coltre boschiva, anche al di la' delle esigenze dello sfruttamento agro pastorale del suolo. Infatti, risultando poco redditizia questa attivita', negli ultimi del secolo gli isolani individuarono una delle principali fonti di reddito nella commercializzazione del carbone conseguente al disboscamento. La conseguenza di questa attivita', esercitata per circa un decennio, e' la pressoche' completa desertificazione dell'isola. I dammusi rimangono quindi a testimonianza dell'uso storico del territorio extraurbano, quale doveva essere nella seconda meta' del XIX secolo, quando essi si diffusero, sul modello costruttivo delle analoghe strutture presenti nelle vicine isole del Mediterraneo. Si connotano per il costante impiego di materiali locali e, in particolare, di pietra calcarea, utilizzata a secco nella costruzione dei muretti che delimitano le chiuse, a secco e/o con malta di calce per le strutture verticali degli edifici; la copertura, nella maggior parte dei casi, e' del tipo a volte a botte. Analoghi sistemi costruttivi sono stati utilizzati anche in ambito urbano e per le strutture militari sparse nel territorio isolano: cio' almeno sino all'importazione della moderna tecnologia del calcestruzzo armato. I dammusi si presentano oggi in gran parte distrutti o in pessime condizioni di stabilita'. Si ritiene allora indispensabile un'azione di salvaguardia non solo dei manufatti, ma anche del loro sistema distributivo e insediativo territoriale: si tratta infatti di una tipologia edilizia strettamente connaturata, per rappresentazione volumetrica, coloristica, formale e compositiva, ai caratteri storici, architettonici, culturali e ambientali del sito. Altra area di pregio ambientale e paesistico e' quella immediatamente a nord del centro abitato. I terreni coltivati cola' presenti, residuati all'intensa espansione edilizia, sono riferibili storicamente agli "orti conclusi" che, subito dopo l'impianto della colonia ferdinandea, hanno caratterizzato l'ambiente urbano e sub urbano, convivendo con questo in stretto rapporto di integrazione sino alla recente e pressoche' totale saturazione degli spazi liberi. La permanenza storica dell'aspetto di queste aree, che costituiscono inoltre i migliori terreni coltivabili dell'isola, ne accentua la rarita', sottolineando l'esigenza del mantenimento dello stato dei luoghi. Rilevato che il territorio dell'isola di Lampedusa e' in atto sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, giusta decreto del 12 luglio 1983, nonche' ai sensi dell'art. 1, lettere a), f), g) e m) della legge 8 agosto 1985, n. 431; Rilevato che l'isola e' inoltre sottoposta alle misure di salvaguardia dell'omonima riserva naturale orientata istituita con decreto n. 970/91 del 10 giugno 1991; Rilevato ancora che alcune porzioni territoriali di Lampedusa sono state sottoposte ai vincoli di cui alla legge n. 1089/39, in funzione del loro interesse archeologico, mentre a protezione di altre operano i divieti recati dall'art. 15, lettere a) ed e), della legge regionale n. 78/76; Considerato che le cennate misure vincolistiche e i suddetti divieti, se testimoniano tutti del singolare interesse dell'isola di Lampedusa sotto il profilo faunistico, botanico, paleontologico, geologico, geomorfologico, archeologico, non sono valse ad arginare il crescente degrado dell'ambiente e del paesaggio isolano. Lampedusa si configura infatti come un ecosistema chiuso, senza possibilita' di scambi con l'ambiente esterno che non siano l'interazione mare-costa e l'azione biologica dei venti: l'evoluzione del paesaggio naturale ha quindi ritmi del tutto propri, che sono stati rispettati fino a quando l'azione antropica sul territorio e' stata condotta, come in passato, con mezzi molto semplici ed equilibrati rispetto all'assetto ambientale dell'isola. Le attuali tecnologie costruttive, la facilita' delle comunicazioni e dei trasporti, il crescente apprezzamento turistico del sito, hanno avuto al contrario effetti devastanti sul territorio; la pressione turistica estiva, certamente oggi assai rilevante, determina infatti l'esigenza di reperire sempre nuove aree per l'edificazione, le strutture e le infrastrutture. Questi elementi influiscono, talvolta con carattere di irreversibilita', sulla normale evoluzione naturale dell'isola e sui suoi tempi evolutivi, alterando gli equilibri fisico-biologici. Tra i fattori di rischio per il paesaggio di Lampedusa possono annoverarsi l'assalto edilizio alle zone aventi maggiore valenza ambientale (costa meridionale; Cala Creta; Guitgia); le attivita' estrattive esercitate nelle zone di Albero Sole, Punta Muro Vecchio e Punta Alaimo; le discariche incontrollate, localizzate nelle contrade Alaimo, Taccio Vecchio, Vallone Imbriacole. Considerato che una piu' adeguata tutela della zona in argomento e' imposta dalla necessita' di porre un freno al trend distruttivo che ha connotato l'intervento antropico e segnatamente edilizio nell'ultimo quarto di secolo, che pone seri problemi alla sopravvivenza e al possibile recupero del patrimonio ambientale costituito da Lampedusa; Ritenuto opportuno, pertanto, per garantire le migliori condizioni di tutela che valgano ad impedire modificazioni del territorio dell'isola di Lampedusa, che comporterebbero l'irreparabile compromissione delle caratteristiche di pregio naturalistico e paesaggistico di quei luoghi, pervenendo alla dichiarazione di immodificabilita' temporanea, in applicazione dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91; Ritenuto che alla dichiarazione di immodificabilita' temporanea interessante il territorio suddetto debba far seguito l'emanazione di una adeguata e definitiva disciplina di uso del territorio da dettarsi ai sensi dell'art. 5 della legge n. 1497/39 e dell'art. 1/ bis della legge n. 431/85, mediante la redazione di un piano territoriale paesistico; Ritenuto, in adesione a quanto formulato dalla proponente soprintendenza, che dall'area compresa nella dichiarazione di immodificabilita' temporanea possano essere escluse le zone del centro abitato, dell'aeroporto, del depuratore e del cimitero, sopra meglio descritte e perimetrate nelle cartografie allegate al presente decreto, in quanto la destinazione di queste porzioni territoriali - per le quali permangono i mezzi di tutela offerti dalla legge n. 1497/39 e dalla legge n. 1089/39 - e' ormai consolidata ed ha comportato la loro irreversibile differenziazione dal resto dell'isola; Considerato che, ai sensi del disposto della legge 19 novembre 1968, n. 1187 e dell'art. 1 della legge regionale 5 novembre 1973, n. 38, applicabili al caso di specie in assenza di specifica disposizione normativa, si impone apporre un termine finale al provvedimento di vincolo, ferma restando la condizione risolutiva dell'approvazione del piano territoriale paesistico dell'area suddetta; Ritenuto di dovere commisurare detto termine in non oltre anni due dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta ufficiale della regione siciliana, allo scopo di verificare la persistenza delle condizioni legittimanti la misura di salvaguardia in relazione alla redazione del piano territoriale paesistico; Per tali motivi; Decreta: Art. 1. Al fine di garantire le migliori condizioni di tutela ai sensi e per gli effetti dell'art. 5 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, fino all'approvazione del piano territoriale paesistico e comunque non oltre il termine di anni due dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta ufficiale della regione siciliana, e' vietata ogni modificazione dell'assetto del territorio, nonche' qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore del territorio dell'isola di Lampedusa ad esclusione del centro abitato, dell'area aeroportuale, dell'area del depuratore e di quella cimiteriale del territorio, facente parte del comune di Lampedusa (Agrigento), come descritto e delimitato in premessa e nelle planimetrie allegate sub A, B, C, D, E, F, G e H che formano parte integrante sostanziale del presente decreto.